Mario Martinelli, nato il 23 luglio 1962, vive a Obra, una manciata di case abbarbicate sui pendii delle Piccole Dolomiti di Vallarsa – e dedica il suo tempo prevalentemente alla montagna, alle capre, alla lettura e alla scrittura. Narratore autentico, consapevole praticante della montagna, con i suoi testi schietti e intensi ci mostra la via che, attraverso la montagna, conduce alla conquista di una dimensione interiore espansa, fatta allo stesso tempo di una profonda conoscenza di sé e di una sobria percezione del proprio limite, in armoniosa comunione con le possenti forze della natura. Qui vi ha fatto ritorno dodici anni fa, dopo una vita ricca di viaggi, di esperienze, di avventure e di eccessi. Lassù c’era la vecchia casa della nonna Alma che lo aspettava; non sarebbe stata per Mario una “fuga romantica” e una rinuncia definitiva al mondo ma il luogo adatto per “dare un giro di vita”. Avrebbero giocato a favore del suo progetto di rinascita interiore tre elementi: le modeste e semplici dotazioni, il silenzio delle sue stanze, il verde nella quale è immersa. Per Mario, a una vita, dunque, al “massimo” è seguita una nuova vita al “minimo”, ridotta  all’essenziale, all’elementare, al primordiale. Il passaggio è stato drastico, senza tappe intermedie, con ritiro tra le montagne alla ricerca di una dimensione umana di vita. La straordinaria esperienza di meditazione, generata dal vivere e dal camminare nel verde, nel silenzio, dall’amare intimamente la montagna, è stata la sua principale medicina dopo che i medici dissero, a metà degli anni ‘90, che stava viaggiando verso la morte. Mario capì che per cambiare binario e intraprendere un viaggio verso la vita bisognava andare “controcorrente”, risalire il fiume della vita, andare alla sua origine, lassù tra le montagne dove, per Mario, - inizia e finisce tutto -. Aveva capito che la causa e la soluzione del suo problema non erano esterne come la medicina è sempre portata a pensare, ma all’interno; per trovarle, per focalizzarle bisognava fermarsi ad ascoltare quella piccola voce silente che è dentro ognuno di noi, ma che anche lui negli ultimi anni non sentiva più, soffocato dal rumore, dagli impegni e dalle attività pressanti. Mario ha “sentito un richiamo e lo ha seguito” e la montagna lo ha “curato”. Da questa prospettiva si capisce l’immensa gratitudine che Mario nutre per la montagna. La sua decisione di dare alle stampe le sue riflessioni, i suoi “tesori nascosti”, va dunque vista come ringraziamento, come modo per condividere con altri quella celebrazione giocosa e giogaia che è la sua “nuova” vita montana. Le righe che Mario annota sui suoi diari, che quotidianamente lo accompagnano, sono diventate, come tiene sempre a precisare, dei “semplici libretti” non per cercare un “posto al sole” tra gli scrittori di montagna ma per esaltare la vita di montagna in tutte le sue dimensioni: il verde, il silenzio, la semplicità, la relatività del tempo, la cultura della memoria. Dopo aver letto i suoi primi libri qualcuno ha commentato: “I suoi libri sono puri. Sono semplici, come lo sono l´acqua e il cristallo. Parole e disegni che danno la pace. La pace dei monti e degli animali e del bosco e delle cose. E anche, delle poche case”. E’ la semplicità del tutto che caratterizza, in coerenza con lo stile di vita montanaro di Mario, la sua vena poetica; pagine che cercano di rappresentare, da varie angolature, la “sua montagna” come luogo e mezzo di esplorazione e compimento interiore, come forziere nel quale si possono ancora trovare custodite le ultime tracce e testimonianze tipiche di quei piccoli mondi antichi, forse destinati a scomparire per sempre; pagine che rappresentano un sentiero che portano il lettore ad avvicinarsi alla montagna oppure – come sottolinea Mario - a “riappropiarsene”, - attraverso  personaggi  come il signor Broz,  Arboris, Serafin, Alfio Skorzan e tanti altri che animano i vari racconti usciti dalla sua penna - come luogo nel quale le scalate, gli itinerari, la tecnologia non sono contemplati, non fanno parte del contesto. Sono pagine di un “semplice e piccolo esperimento letterario di ritorno al passato” - dice Mario a chi lo incontra e gli chiede notizie sui libretti, su questa nuova sua esperienza – “quando ancora si scriveva autenticamente di montagna, quando l’alpinismo era radicato nell’amore per la natura, era “elitario”, differente e distante dagli esibizionismi o dai tecnicismi sempre più di moda”. A chi lo conosce da più tempo non può sfuggire il fatto che in “gioventù” aveva già pubblicato autonomamente, autofinanziandosi, “La Nave”, "Piccola rapsodia notturna",“ e il libricino (10 centimetri per 6) dal titolo «La Leggenda dell’Arcobaleno oppure Rockpoesia». Allora c’era la Beat Generation nella sua vita; qualche “secolo fa”, dice Mario, oggi ci sono le capre e il suo “sogno nella cassapanca”: ripristinare il vecchio caseificio, con annesso “sito” nel quale potere ritrovarsi a parlare e leggere di montagna - “quella con la M maiuscola”, come tiene sempre a precisare - ad ascoltare chi ha vissuto la vita sui ripidi pendii della “sua” Vallarsa per sopravvivere, chi se ne era andato in cerca di fortuna e che poi vi ha fatto ritorno con le mani incallite e lo stomaco vuoto, “testimonianze importanti per recuperare, e mantenere vivi, quei quattro valori semplici che c’erano una volta”, dice Mario. Nel frattempo, la cucina che fu di nonna Alma, è il punto di ritrovo di  coloro che, come tiene a sottolineare l’amico Michele, vogliono vivere dei momenti nei quali, l’umile ambiente e l’”arcaica” atmosfera di quella stanza traboccante di ricordi, "ti aiutano ad apprezzare le semplici cose che riempiono la nostra quotidianità, che normalmente ci sfuggono via e dove l’autodeterminazione personale, l’egoismo, l’assurda rincorsa ad inutili mete, la frenesia si fermano sulla soglia della porta”.

Tutto questo è il mondo di Mario che, per dirla alla Signor Broz, “più è semplice e più è bello”; una bellezza che porta a quello stato di “maturità montanina” che è libertà autentica. Il sentimento che alberga nel cuore di Mario nei confronti della montagna - e che viene svelato attraverso i suoi libretti - non è solo di ringraziamento per l’opportunità che ha avuto di crescere in saggezza e in profondità di giudizio, ma di gratitudine per l’energia e la vitalità di cui trabocca il verde nel quale si è immersi. Un verde che, per Mario, non è solo arbusti, rami, foglie, ma anche aria pulita e acqua limpida; un verde che contempla tutti quegli elementi vitali che la montagna esalta. Una visione dunque “vitale” della montagna, che in Mario trova una particolare sottolineatura attraverso quella “brama di vivere” che funge da “filo rosso” tra i suoi diversi racconti e che intende suggerire, a chi vuole trovare un “nuovo nutrimento di vita”, di affidarsi alla montagna, alla sua via principale, non quella artificiale fatta di scale ferrate e chiodi, ma quella di esplorazione interiore.

Mauro Frisanco

Una scelta dei primi scritti di MM, tratti da La Nave, La leggenda dell'arcobaleno e Piccola rapsodia notturna, è stata adottata come liriche dalle Aviolinee Utopia, storica rock band lagarina che nel 1997 ha realizzato un cd edito dall'etichetta ligure Mellow Records. Quel disco, anche grazie alle potenti parole di Mario, venne insignito l'anno seguente del Premio Darwin, assegnato da una giuria specializzata all'opera musicale rock italiana ritenuta di maggior rilievo nella sperimentazione dei linguaggi sonori. Alla consegna del premio, all'auditorium di Falzè di Trevignano (Tv), le AU furono premiate dagli storici Area Patrizio Fariselli e Giulio Capiozzo cui fecero da gruppo spalla. Il concerto, sempre con gli Area ospiti, venne replicato sempre nel 1998 a Rovereto. Il cd omonimo delle AU è tuttora citato nei siti di mezzo mondo come uno dei dischi di riferimento per il rock progressivo italiano degli anni Novanta.

Giuliano Lott

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Un raggio di sole sbuca dal primo mattino. E va a indorare le taglienti vette delle Dolomitine. Pone in risalto i diedri, i pinnacoli, i canaloni, frammentandoli in ombre e sfavillanti riflessi di nevai. Un fascio di luce che si fa strada nel velo opaco dell'umidità per immortalare quel miracolo della natura. Una visione che mozza il fiato.

Mario Martinelli, "Dalla vita di un Jobrero"

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